martedì 4 giugno 2013

Dalle Balze di Verghereto a Casteldelci, valle del Senatello

Escursione in programma per il 16 giugno -UOEI Faenza. Referenti Anna- e-mail piccoloedada@tiscali.it
Storia delle Balze di Verghereto
Durante i lavori di carattere forestale  furono trovate  nei Pratoni della Moia punte di lancia e freccie risalenti a circa 15.000-10.000 anni fa, da quel tempo i primi uomini percorrevano questo territorio a caccia di cervi e altri animali . La prima civiltà che contatta questi monti è quella Umbra che risaliva il Tevere dalla terra di origine per ridiscendere verso  la pianura lungo il Savio; a tale presenza si possono fare risalire i toponimi della Falera e di Ocri. I Romani, oltre che tagliare i maestosi abeti per armare la flotta di Ravenna, sicuramente conoscevano il luogo da dove scaturiva il Tevere. I primi insediamenti stabili di persone si hanno intorno all’anno Mille dopo Cristo e, nascono e crescono,attorno ai luoghi sacri di eremitaggio, S. Alberico, ocri, Vignola; dal 1000 al 1300 vari signorotti toscani e romagnoli posseggono il territorio intorno al Fumaiolo: i Tarlati i Guidi e il più famoso Uguccione della Faggiola; ma la presenza più importante è l’Abbazia del Trivio che detiene potere amministrativo e giudiziale per 300 anni. Di questo periodo sono i luoghi fortificati posti a difesa delle abitazioni di pastori: la Rocchetta per il cotolo e Balze, il Castellaccio per monte coronaro, Ronco di Mauro (rio petroso) per la radice, ecc. Dal 1404 sino al 1861 a comandare è Firenze che isituisce la podesteria del Comune di verghereto che governa nelle varie  comunità fra cui le Balze. Nel 1923 il teritorio viene staccato dalla toscana e passa sotto la Regione Emilia Romagna. La seconda guerra mondiale segnò questo territorio e la sua gente con eventi luttuosi come l’Eccidio di Tavolicci. Le Balze sin dalla metà del 1800 si caratterizza come paese turistico con la presenza di alberghi e di altre strutture che ne fanno uno luogo di villeggiatura molto rinomato
IL PERCORSO:  Balze m. 1097 - ai piedi di Monte Aquilone - m. 1248 –Strada Granducale m. 1240 – S. Alberico m. 1140 – Sorgente del Campaccio 1050 – strada asfaltata m. 1057 – cippo di confine m. 1072 – Monte Faggiola Vecchia 1121 – Madonna del Piano 1030 – Faggiola  Nuova m.. 930 – Casteldelci m. 589 – Giardiniera m. 538.

Superato il centro delle Balze ci incamminiamo sulla strada asfaltata verso Rimini, fatti circa  cento metri si prende il sentiero n. 125 che sale  a sinistra. Bel sentiero, all’inizio scoperto ed in leggera salita, ma poi la salita diventa più ripida ed entra dentro al bosco. Alcuni tornanti innalzano fino a lambire la cima del Monte Aquilone.




Si giunge così a questo segnavia, posto  a 1248 m. 
Sulla sulla destra parte il sentiero per la cima del Monte Aquilone. Noi proseguiamo diritti e, più avanti, ci immettiamo sulla medievale Mulattiera per S. Alberico (Strada Granducale).
 Il Granduca Leopoldo II di Toscana in occasione di un pellegrinaggio all'Eremo nel 1835, diede ordine di costruire la mulattiera detta "Via Nuova", che dalle Balze conduce direttamente all'Eremo senza sconfinare in territorio del Montefeltro. Allo stesso modo, egli fece sistemare il sentiero "delle scalette" che dall'Eremo scende verso la Cella. In precedenza, il sentiero superava un enorme scoglio (lo "scoglio delle scalette") con difficili gradini intagliati nel sasso.
Scenderemo quindi al Monastero, una sosta è d’obbligo per una breve visita.
 Ancora oggi non si sa con certezza chi abbia fondato questo Eremo… Una tradizione costante attesta che fu fondato ed abitato da S. Alberico, sebbene nulla sia noto con certezza della vita del Santo. Secondo alcuni egli sarebbe vissuto nel V secolo, secondo altri nel XIII secolo, e sarebbe stato amico di S. Francesco. Oggi però varie considerazioni fanno propendere gli storici per l'ipotesi che egli sia vissuto nell' XI secolo. In breve, è documentato come in questa zona, a pochissima distanza dall'eremo, abbia soggiornato e operato S. Romualdo, fondatore della congregazione dei Camaldolesi: nel 986-989 egli eresse infatti il monastero di S. Michele a Verghereto; poi si ritirò per qualche tempo in solitudine nella località detta Cella di S. Alberico (20 minuti a piedi dall'Eremo). Nel 1873 il sacerdote Francesco Dezzi delle Balze, erede dei primi acquirenti dell'Eremo, eseguì a sue spese radicali restaturi per consolidare la chiesetta e l'annesso rifugio, e fece costruire la Via Crucis lungo la mulattiera che va dalle Balze all'Eremo. Di non meno importanza sono le gesta di Quintino Sicuro. Ma qui non mi posso dilungare, chi è interessato trova tutto su internet.
Proseguiremo ancora per un tratto sul 125, poi giriamo a destra su stradello ed infine su strada asfaltata fino a giungere ad un cippo.
Termine XIII della confinazione Fregoso (1576) XVIII della confinazione generale, in vocabolo “Pian de’ Cerchi” aventi “da una parte incisa l’arme della Santa memoria di Clemente XIV e sotto la medesima il millesimo 1772, ed inferiormente la lettera U; e, dall’opposta parte l’arme di  S.A.R.presentemente regnante [Pietro Leopoldo], sotto di cui lo stesso millesimo 1772, con in mezzo allo stesso la lettera F: nel quale termine è stato presentemente inciso il corrente millesimo 1786Con cippo di confine si intende un segnale che indica il passaggio del confine tra due stati. Normalmente il cippo è realizzato con pietre, pali, cippi indicanti gli armoriali ( raccolta di armi o stemmi) di due paesi limitrofi o incisioni su rocce inamovibili. Oltre all'armoriale, solitamente riportano l'anno di collocazione del cippo e il suo numero d'ordine. Al di sopra del cippo, un solco indica il tracciato del confine. Quando sono comparsi i primi cippi? Dopo secoli di controversie, a  Roma il 26 settembre 1840 venne sottoscritto un trattato che prevedeva l’installazione di cippi per stabilire l’esatto confine per gestire le risorse del territorio.  


Transitiamo dalla Faggiola Vecchia, luogo in cui nel XIII sec. esisteva un castello che apparteneva a Ranieri, padre di Uguccione. Un documento del 1274 indica come nobile e che morì nel 1293 -, appartenne ad una famiglia feudale, forse ramo dei conti Feltri di Carpegna, titolare del castello di Faggiuola e di altre terre nella Massa Trabaria, in una regione, cioè, posta tra l'Umbria, la Toscana e la Romagna.



Ora scendiamo alla piccola Chiesina di Madonna del Piano,  che si trova poche decina di metri più in basso.
In questo luogo ogni anno, nella seconda domenica di luglio si svolge una solenne festa religiosa (un tempo propiziatoria per la mietitura) con processioni ed altre particolari liturgie sacre. All’interno è Conservato un affresco con la Vergine col bambino che tiene un uccellino in mano. Un pittore bolognese, chiamato a restaurare la cappella nel 1912, giudicò “opera di squisita fattura della scuola di Giotto” (non a caso i Faggiolani furono all’apice della loro ricchezza e potenza nello stesso periodo in cui fioriva la scuola giottesca che, evidentemente, apprezzavano).   





Vergine col bambino.
Il bambino tiene un uccellino in mano. Bellissimo dipinto della scuola di Giotto


Faremo poi una visita al luogo dove un tempo esisteva il castello della Faggiola nuova luogo di nascita di Uguccione. Ora qui sono rimasti solo buchi e sassi

È ormai più che probabile l'ipotesi che il castello principale dei Faggiolani, tra XIV e XV secolo, sia stato proprio quello di "Faggiola Nuova". 

Nato nel 1250 a Casteldelci, che all'epoca era inserito nel territorio della Massa Trabaria , al confine tra Romagna, Marche e Toscana, fu podestà e signore di Arezzo nel 1295 e signore di Lugo nel 1297. Dopo aver tentato di diventare signore di Forlì (1297), contando sulle simpatie ghibelline della città, fu di nuovo podestà di Arezzo nel 1302 e vicario del re Enrico VII di Lussemburgo a Genova tra il 1311 e il 1312. Il 1315 segna l'anno del massimo fulgore della sua stella nel firmamento del Ghibellinismo toscano, è di quell'anno infatti la Battaglia di Montecatini il fatto d'arme che consolidò ed estese a tutta la penisola la sua fama di abile condottiero. Si trattava in sostanza di uno scontro impari, da una parte c'era Firenze, in quegli anni una delle città più ricche d'Italia e d'Europa alleata con molte altre città: Siena, Prato, Pistoia, Arezzo,Colle di Val d'Elsa, Volterra, San Gimignano, ecc. ed anche con gli Angioini di Napoli. Dall'altra parte stava Pisa, città sostanzialmente in crisi dopo la Battaglia della Meloria e Lucca, città occupata militarmente dallo stesso Uguccione e quindi non del tutto affidabile. In questo contesto di debolezza Uguccione poteva tuttavia contare su un punto di forza rappresentato da un contingente di 1800 cavalieri tedeschi, mercenari che facevano parte delle truppe imperiali e che si posero al servizio di Pisa a suon di fiorini, ma anche animati da un odio profondo verso i Guelfi e gli AngioiniIn seguito a questa vittoria per molti versi clamorosa ed inattesa Firenze fu abbandonata da gran parte delle città toscane che si affrettarono a chiedere e a ottenere la pace con Pisa, e riuscì a salvarsi solo grazie ad una ritrovata concordia interna. Nel 1316 i pisani cacciarono Uguccione perché stanchi dei suoi metodi autoritari e dell'esosità delle imposte richieste dalle esigenze militari, questo fatto lo costrinse a cercare rifugio presso Cangrande I della Scala che lo fece podestà di Vicenza. Con questa autorità Uguccione represse duramente la rivolta guelfa del maggio 1317Durante il suo servizio per il signore di Verona egli guidò anche la guerra contro Brescia e PadovaUguccione della Faggiola morì il 1º novembre 1319, il suo corpo fu portato da Vicenza a Verona per essere tumulato nella chiesa di Santa Anastasia.  Un cronista dell'epoca Agnolo di Tura così conclude la narrazione che portò alla caduta del signore di Pisa e di Lucca(Questo fu il guiderdone che lo popolo di Pisa rendé a Uguccione da la Fagiuola, che gli avea vendicate di tante vergogne e raquistate tutte le loro castella e degnità e rimisserli nel maggiore stato e più temuto da' loro vicini che città d'Italia (tratto da Wikipedia)
A Casteldelci, punto di incrocio tra tre regioni Marche Toscana ed Emilia Romagna faremo una breve visita al museo archeologico. Allestito all’interno di un’antica abitazione posta nel centro storico di del paese. Il Museo ospita una raccolta di oggetti-reperti di vario genere che vanno dal periodo preistorico al basso Medioevo.
La zona di Casteldelci fu Colonizzata, in epoca romana, attraverso lo sviluppo di forme insediative minori, vede il suo massimo sviluppo durante il basso Medioevo, contestualmente all’affermarsi dei Signori di Casteldelci e della Faggiola, che qui ebbero origine. È ormai noto che Casteldelci fra il 1250 ed il 1350 è stata la terra d’origine dei nobili della Faggiola, il cui personaggio più illustre fu UGUCCIONE, prode condottiero e amico di Dante Alighieri, signore di Pisa, Lucca e Arezzo, il quale scese a difendere gli ideali Ghibellini lungo il Marecchia fino Rimini.


Dal paese di Casteldelci prendiamo la mulattiera che scende al ponte Romano un tempo unico ponte che collegava Casteldelci.







Un simbolo dell'iconografia classica del comune di Casteldelci, il medievale Ponte Vecchio, rischia un crollo strutturale nel giro di poco tempo. Lo denuncia il sindaco Mario Fortini. Il ponte si trova all'inizio della strada che sale verso il paese subito dopo la frazione Giardiniera. Costruito in legno ai tempi dei Romani, era all'epoca il secondo ponte nella Valle del Marecchia dopo quello di Tiberio a Rimini. È stato più volte ricostruito o rimaneggiato, l'ultima nel 1790, ma conserva il suo impianto medievale.
http://www.romagnaoggi.it/cronaca/casteldelci-il-ponte-vecchio-cade-a-pezzi.html
Si sale poi alla strada dove ci aspetta il pullman.
Ore: complessive 5 + le soste;
Dislivello: + 200 circa - 780 circa;
Impegno medio.                                                                                                 anna

3 commenti:

  1. Bellissima escursione e interessanti i cenni storici.
    Buon fine settimana e tanti..... passi!

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  2. Sono passati sei anni dall'articolo, che ho letto ora e che trovo bello e coinvolgente, per zone che non riesco mai a frequentare quanto vorrei. Grazie e a risentirci!

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