venerdì 5 febbraio 2010

San Paolo in Alpe

Lunedì 23 marzo 2009

Ridracoli - S. Paolo in Alpe - Ridracoli


Ridracoli: questo nome ora evoca soprattutto lo sbarramento artificiale che forma la diga. Costruita fra gli anni 1974-1982, il suo grande invaso ha capacità di 33 milioni di metri cubi ed è capace di fornire acqua potabile agli abitanti della pianura romagnola e della riviera. Che la zona fosse ricca di acqua, ad ogni modo, lo si sapeva fin dai tempi dei Romani. Infatti l'Imperatore Traiano fece costruire un acquedotto che riusciva a portare acqua a Ravenna. Ma l'esistenza di Ridracoli ha le sue radici nel ben lontano 1216 quando era possedimento dei Conti Guidi. Nel XV secolo divenne Comune sotto la giurisdizione di Firenze. Il borgo oggi conta tre case, un palazzo, una chiesa e un ponte a schiena d'asino. Fino agli anni '50 il paese contava 230 abitanti, oggi se ne contano una decina. Ma la zona mostra tutto il suo fascino una volta giunti ai prati di S. Paolo in Alpe. Qui la vista spazia dai giganteschi pioppi neri (Populus nigra), vicini alla ormai diroccata chiesetta, ai salici, dietro la lunga casa e poi al fantastico crinale di Sasso Fratino con la sua foresta di abeti e faggi, nati e cresciuti su stratificazioni marnoso-arrenacee .
L'itinerario
Lasciata l'auto nel piccolo parcheggio, si percorre l'antico ponte alla fine del quale c'è la bella struttura dell'ex osteria. Si sale a "Palazzo Giovannetti", nobile casa del 1700 ora trasformata in albergo. Tra gli illustri ospiti del Palazzo vi furono il tribuno Antonio, il Principe Leopoldo II ed il triumviro Aurelio Saffi. Si oltrepassa la piccola e graziosa Cappella, privata, dedicata alla Madonna della Neve e si scende alla strada asfaltata che è da seguire a sinistra per circa un chilometro. Poi si abbandona questa per salire a sinistra ed in breve si giunge al "Ristorante Girarrosto Canforghigi". Si va a destra seguendo l'antica mulattiera che porta a Biserno. Poco prima del paese si trova una ricca sorgente. Nella piccola piazza di Biserno si trova la chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo e ,poco più avanti, ad un bivio, c'è una lapide commemorativa che evoca il sacrificio dei Partigiani.
Si parla di uno degli scontri più cruenti dell'Appennino, in cui, il 12 aprile del 1944, dodici partigiani dell'8° Brigata Garibaldi persero la vita per salvare il resto della formazione accerchiata dalle truppe tedesche. Il sentiero storico transita per S. Paolo in Alpe e prosegue toccando varie stazioni dove sono presenti cartelli a forma di leggio che narrano i vari scontri. Di qui, a destra si scende a Berleta. Si prosegue, quindi, a sinistra, seguendo il sopracitato sentiero fino a S. Paolo in Alpe.












Qui stazionano alcune famiglie di caprioli facili da vedere. Se si è in compagnia di un cane, meglio tenerlo al guinzaglio (Il simpatico cagnolino del "Palazzo di Ridracoli", lunedì ha deciso che sarebbe stato bello fare quattro passi con noi, così ci ha tenuto compagnia per tutto il giorno, non allontanandosi mai, tranne quando ha visto i caprioli. A quel punto è partito come un fulmine inseguendoli ed è ritornato solo quando i caprioli sono spariti). Per la via del ritorno si segue il sentiero n. 233 GCR, ex mulattiera che collegava le case del Rio Bacine, ora ridotte a ruderi. I primi che si incontrano sono quelli delle Casette; poco più in basso, annunciati da una ristrutturata Maestà, si trovano quelli di Ca' Ronconi e di Ca' Valdoppia. Si prosegue in discesa e si giunge alla strada asfaltata che porta alla diga, la si segue a sinistra per circa dieci minuti, poi la si abbandona per salire a sinistra su scarsa traccia la quale, poco dopo, è interrotta da una frana, superabile aggrappandosi agli alberi e portandosi così sopra di essa. Poco dopo si ritorna sulla traccia principale. Su piacevole sentiero delimitato da ginestre si giunge a Ca' le Galvane ed alla sua ben tenuta Maestà. Questa è l'ultima struttura che si trova prima di giungere al parcheggio.
Il tratto di sentiero più interessante si percorre senz'altro durante la via di ritorno. Qui la natura si sta riappropriando del suo naturale spazio. Le case abbandonate aiutano a creare quell'atmosfera di vissuto che sembra lontanissimo, eppure è stato solo "ieri" che lì hanno vissuto coloro che ci ha permesso di diventare quelli che siamo oggi.