mercoledì 1 luglio 2009

Presentazione della Guida del Sentiero "00" al Rifugio Duca degli Abruzzi

Guida del Sentiero "00" da Bocca Trabaria al Passo dei Due Santi. Presentata ufficialmente il 28 giugno 2009 da Paolo Borciani,  Presidente del CAI Gruppo Emilia Romagna. In occasione della giornata Regionale dei Sentieri avvenuta al Rifugio Duca Degli Abruzzi al Lago Scaffaiolo.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                 
   Rifugio Duca degli Abruzzi al lago Scaffaiolo










Al centro il Presidente Paolo Borciani, Anna Boschi, coautrice con Roberto Tassinari, a destra Pezzi Vittorio CAI Cesena.











Giglio Martagone


Lago Scaffaiolo

martedì 31 marzo 2009

CASTIGLIONCELLO




"PIETRE DI SOLITUDINE"


Quando si inizia a risalire la Valle del Santerno, se la si osserva dal punto di vista geologico, ci si accorge subito che questa non è una valle come altre. Superato il primo tratto pianeggiante, la valle si fa più stretta ed appaiono scoscese vallecole, calanchi e verticali pareti con stratificazioni marnoso-arenacee che mostrano sedimentazioni orizzontali, ma anche verticali e compresse, come nel caso di Ponte della Rimessa di Coniale. Queste pareti sono ricche di fossili, gioia per gli esperti, ma anche per i meno esperti non sarà difficile individuarne alcuni. Il profondo canyon osservabile sia dal ponte vicino a di Castel del Rio sia dal ponte di Codrignano, quest'ultimo, provocato soprattutto dalle escavazioni di ghiaia dall’alveo che, ora incuriosisce, ma è un processo di erosione violento e inarrestabile, purtroppo in negativo. La vegetazione, se si esclude la prima fascia collinare a frutteti e seminativi, proseguendo, quando i monti si innalzano e si arriva ai suoli argillosi, è costituita da alberi che si abbassano e le specie floristiche subiscono una drastica riduzione.
La fauna, purtroppo, è scarsa anch’essa, causa l’indiscriminato e feroce sfruttamento delle cave. Questa valle ad ogni modo, a dispetto dell’intervento del così detto essere umano, conserva ancora alcune zone integre che sono una boccata di ossigeno per l’escursionista sensibile e amante della natura.
L’itinerario è raggiungibile dalla S.S. Montanara. Dopo avere superato Castel del Rio, sulla destra, prima di una casa in sasso ristrutturata, si trova un cartello con indicazione “S. Andrea”.
Giunti alla chiesa, che si trova prima delle case del paese, si può parcheggiare nello spiazzo vicino alla stessa, naturalmente mantenendosi a debita distanza.
L’itinerarioSpalle alla chiesa (m. 375) si va a destra prendendo la prima carraia che sale a sinistra, contrassegnata CAI Imola n. 717. In breve si giunge al piccolo borgo ristrutturato di Poggio S. Andrea (m. 405 ore 010). Il sentiero volta a sinistra prima del borgo e, poco dopo, a destra, dirigendosi verso Punta delle Are. La scarsa vegetazione a ginepri, ginestre, roverelle è arricchita da alcune solitarie piante di leccio. In basso sulla sinistra si vedono le poche case del paese di Ladrino. Si superano due grossi massi ai lati del sentiero e, subito dopo, sulla destra si stacca un sentiero, non segnato, che porta al castagneto di Sestetto(m. 479 ore 0,35). Si prosegue diritto, in leggera discesa, sovrastando il paese di Ladrino. In breve l’andamento muta in ripida salita dentro allo stupendo castagneto di Ladrino, dove sono presenti alcune splendide piante centenarie, mentre il sottobosco, nel mese di marzo, lo si può trovare tappezzato di pianticelle di elleboro appena nate. Un vero spettacolo! Dopo una ripida salita si esce dal castagneto e ci si trova su di un crinalino dove transita un sentiero ben marcato (m. 556 ore 0,50). Si va a destra seguendo il sentiero n. 717. Dopo alcuni tratti pianeggianti ed alcune brevi salite si giunge ad un quadrivio(m. 734 ore 1,20). Qui la salita si appiana; si va a sinistra e, se si desidera vedere quello che resta della casa Lama dei Ronchi, si trascura il sentiero che scende a sinistra (che si dovrà poi prendere al ritorno dalla visita) per andare diritto, infilandosi dentro un fitto bosco con alberi invasi da edera che creano un ambiente alquanto sinistro ed inquietante. Al centro di questo bosco si trovano i poveri resti di quella che doveva essere una bella casa (m. 742 ore 1.25). Si ritorna sui propri passi prendendo il sentiero menzionato poc’anzi che scende nell’anfiteatro di Poggio La Cornia. Nell’omonima casa, in parte restaurata, si trova una stanza sempre aperta che può offrire riparo in caso di bisogno (m. 600 ore 1,45).
Dalla casa si imbocca il sentiero che per circa 400 metri si mantiene a mezzacosta; poi una piccola freccia con la scritta “Castiglioncello” invita a scendere a destra su affioramenti di arenaria che inducono ad usare prudenza, soprattutto in presenza di roccia bagnata. L’assenza di alta vegetazione offre una splendida vista sul fondovalle dove scorrono le limpide acque del Santerno. A nord-est, come sospesa tra terra e cielo, spicca la bella chiesa di Valmaggiore, posta sul crinale che divide la Valle del Santerno dalla Valle del Senio. Ma la vista più interessante si ha abbassando lo sguardo a sud-est dove si intravede il paesino di Castiglioncello, situato sull’incredibile cresta rocciosa che si solleva dal fondovalle. Si prosegue in discesa. Attenzione ad un passaggio esposto, anche se facilmente superabile ora che è stata posta in aiuto una corda in acciaio. L’entrata nel paese avviene su sentiero che aggira sulla destra il cocuzzolo e che, risalendo fra sassi caduti dalle mura, ci porta proprio nel suo centro. A questo punto ognuno deve fare i conti con lo scatenarsi della propria rabbia, indignazione e disgusto nel vedere il poco rispetto che siamo stati capaci di portare, noi “esseri umani”, ad un luogo così bello e ricco di storia. Ora è in “agonia”. Scritte su ogni muro, immondizia e vandalismo provocano a dir poco una profonda tristezza (m. 352 ore 2,45). “Costruito su fortificazioni medioevali, la prima menzione di “Castrum Castiglioncelli” è del 1107, quando era possedimento della Chiesa di Imola che nel 1181 lo cedeva agli Alidosi di Castel del Rio. Gli Ubaldini, in guerra col Comune di Firenze, se ne impadronirono. Ben presto scacciati dai Fiorentini, questi nel 1371 lo resero agli Alidosi”.
Per il ritorno si ripercorre lo stesso sentiero ma, dopo avere superato il passaggio esposto, si tralascia la traccia di sinistra, proseguendo a destra su sentiero a mezzacosta che taglia il dirupato costone sopra il Santerno (m. 362 ore 2,55) Per la prima parte, anche se non ci sono pericoli, in alcuni punti è meglio procedere con attenzione. Si viaggia con alcuni saliscendi e con bella vista sulla valle; poi ci si immette in un fitto bosco dove il muschio ha avvolto grossi massi e tronchi di alberi e dove l’edera rigogliosa e strisciante forma un morbido tappeto. Ambiente quasi irreale considerando il costone arenaceo su cui si cammina. Usciti dal bosco uno stradello conduce a Casa Fanti, ora usata come fienile e ricovero attrezzi. Uno stemma settecentesco si trova sopra l’architrave della porta principale. Si prosegue su stradello. Dopo una breve salita si trova una fresca sorgente che in estate abbiamo però trovata asciutta. Ancora pochi metri e si giunge alla strada asfaltata; si va a destra lambendo il paese di Sant’Andrea e poco dopo si giunge alla chiesa dove sono parcheggiate le auto (m. 357 ore 405). Km. 8
Castiglioncello, dove ancora si sentono le grida dei bambini che giocavano a nascondino in questa piccolissima piazzetta, qui dove la domenica suonavano le campane di questo stupendo campanile, qui dove il nonno alla sera, davanti al camino acceso, prendeva un carboncino rovente con le mani per accendersi la pipa.Anna

BRENTO SANICO




Brento Sanico. Valle del SanternoSiamo ancora una volta in questa valle “martoriata” a ricalcare i sentieri dei nostri nonni. Brento Sanico, che da vari decenni è stato abbandonato, ora veramente non ce la fa più. Case con tetti che crollano, pareti si apron, i rovi pietosamente stanno ricoprendo tutto, tutto quello che era stato costruito con amore, fatica e maestria usando i materiali locali, arenaria per gli edifici e legno per costruire i pochi mobili. Eppure qui, dove ormai c’è solo silenzio, è ancora palpabile nell’aria la dignità di un paesino dove la gente ha vissuto sì di duro lavoro, ma anche di serenità e condivisione. Chi si sofferma un attimo a pensare vede tutto questo a Brento Sanico, ma è un sogno che dura poco, la realtà è solo tristezza. Quando si entra poi nella “grande” chiesa, grande naturalmente per un paese così piccolo e si alzano gli occhi per osservare la cupola è impossibile non stupirsi nel notare quel bellissimo affresco di colore azzurro che ancora è lì, intatto. Allora domandiamo… perché non si cerca di recuperare questo piccolo e unico gioiello, patrimonio culturale irripetibile che può dare tanto a tutti? La domanda, come sempre, rimane senza risposta!
L’escursione.Si parte da dietro la Canonica di S. Pellegrino imboccando la mulattiera che sale ripida sfiorando una torre colombaia. Poco più avanti si lascia la traccia più grande per deviare a destra. Si conquista così il crinale dove si trova una croce in legno, forse posta di recente. Si passa fra pascoli e campi incolti fino a giungere a Ca’ del Monte. Qui il tetto è ancora intatto ma non resisterà ancora per molto. Poco dopo si incontra una grande Maestà al cui interno, purtroppo, non c’è più la statua della madonnina, prima posta in una piccola nicchia. Ancora pochi minuti e si giunge a Brento Sanico. Dal paese si prosegue su sterrata, sempre in salita, fino a giungere ad un cancello in ferro. Non lo si supera ma si sale a destra su di una lastra in arenaria che termina proprio sul ciglio di un baratro. Tenendosi a sinistra della suddetta lastra si trova una evidente traccia che viaggia a mezzacosta, alla testa della valle del Rio Brentana. Dopo un tratto in salita e quando si intravede il crinale, si prende la traccia che va a destra, in leggera discesa per un breve tratto. Poi anch’essa inizia a salire e si porta sotto il crinale fino a giungere ad un bivio con segnavia su frecce. I segnavia sugli alberi sono bianchi e blu. (Andando diritto si valica il crinale e, transitando per La Vigna, si giunge a Ca’ Maggiore, nella Valle del Diaterna). Si va a destra. E’ un tratto di sentiero che lascia il tempo di godere del panorama, anche se, purtroppo, l’occhio cade sulla deturpante cava che sta facendo scomparire Monte Coloreta. Giunti ad un ulteriore bivio, anche se la traccia più evidente invita ad andare a sinistra, si prosegue diritto e, fatti pochi metri, si svolta di netto a destra buttandosi in discesa dentro al bosco, dove si ritrovano i segnavia bianchi e blu. Si finisce così in una disastrata mulattiera, via di comunicazione delle case sparse di questa zona. Poco dopo si giunge ad una grande sorgente. I segnavia portano a destra. Andando diritto si sale ad una grande casa senza nome sulla carta. Si va quindi a destra. Il sentiero prosegue in discesa e si immette nella mulattiera, a pochi metri da Brento Sanico, mulattiera che si era percorsa al mattino. Di qui, per il ritorno all’auto, si ripercorre la stessa strada dell’andata.