giovedì 5 aprile 2012

Valle del Bidente di Pietrapazza.


Giro ad anello: Ca’ di Veroli, Rio Petroso, Mulino delle Petrose, 
Ca' di Veroli.

Si sa che l’alto Bidente fu luogo di incontro di varie culture: umbre, celtiche ed etrusche e che la valle di Pietrapazza,  a ridosso del Valico dei Mandrioli, quasi certamente era una delle porte d’accesso per il centro ed il nord Italia. I Romani, come si legge nei documenti che si riferiscono a Sarsina, sfruttarono le risorse  “ecologiche” della montagna forlivese. Acqua e legname per le esigenze militari e civili. L’Appennino fu un serbatoio prezioso in questo senso. E’ noto poi che il vero e proprio insediamento dei nostri Appennini avvenne con lo sgretolamento dell’Impero Romano. Le popolazioni, trovandosi private di un unico centro decisionale e soggette alle invasioni barbariche, cercarono rifugio nei luoghi più riparati e più impervi della montagna, lontani dalle vie di comunicazione. Rifugi che poi, con l’andar del tempo, divennero stabili. In pochi altri luoghi si può trovare una rete di mulattiere, o meglio dire ex mulattiere, come nella Valle del Bidente di Pietrapazza. Esse univano le varie case seguendo sempre il tragitto più breve, anche se, la maggior parte delle volte, risultava il più faticoso. Per secoli in questa valle la gente ha lottato per strappare le poche risorse per la sopravvivenza. Terra arida e austera ha tenuto legate a sé molte famiglie fino agli anni Cinquanta  e Sessanta, anni in cui è iniziato il grande esodo alla ricerca di una vita migliore. Ora, chi si avventura su queste mulattiere, divenute per la maggior parte sentieri o solo misere tracce, non può non soffermarsi a pensare a quanta tenacia e forza fisica siano servite per addomesticare quei piccoli fazzoletti di terra, il più delle volte adatti solo a caprioli o cinghiali.
L’Itinerario
Il luogo si raggiunge da S. Sofia imboccando la strada per il Passo del Carnaio. Dopo circa 1500 m. si svolta a destra per Poggio la Lastra e dopo circa dieci chilometri si giunge a Ca’ di Veroli, albergo Ristorante che rimane in posizione più elevata rispetto alla carrabile.

Parcheggiata l’auto sulla strada, vicino al vecchio ponte si sale al ristorante (m. 463) e, dopo averlo aggirato, si seguono i segnavia CAI (sentiero n. 203) che portano ad un bivio. Si segue la traccia a destra che, per un breve tratto, prosegue in piano fra ginepri e roverelle. Poco più avanti si devia di netto a sinistra su sentiero con fondo arenaceo che, innalzandosi, si porta sopra a

Ca’ di Veroli. Si trascurano le tracce che partono sia a destra che a sinistra e si prosegue in salita su traccia più evidente fino a giungere all’innesto del sentiero, a sinistra, non segnato, ma segnalato con un omino impilato. Qui giungeremo dalla via del ritorno. Si va diritto su sentiero pianeggiante e, poco dopo, si giunge a Ca’ Quadalto (m. 654 ore 0.50). Per chi non teme i rovi e usando la massima prudenza, aggirando la casa si possono vedere interessanti grandi lastre di arenaria, usate per innalzare una parete interna e la cappa del camino. Il lavandino della cucina è stato ricavato da un grosso masso. Si prosegue in leggera discesa fino ad un fosso che si guada. Ci si immette così su di un prato che è da percorrere a destra ed in salita fino a giungere ad uno stradello. Si va a sinistra (andando a destra, in pochi minuti si giunge a Ca’ Piangoce (m. 729 ore 1.20)). Si percorre un tratto di bosco e si giunge ad un nuovo largo stradello che è da seguire di nuovo a sinistra. Una leggera salita, poi al primo bivio si va a destra e, poco dopo, si giunge a Ca’ Le Vigne (m. 735), completamente avvolta da rovi e vitalbe. Si prosegue per Ca’ Buiolo annunciata da una grande quercia (m. 612 ore 2.30). Bel luogo per una sosta e per ammirare i monti circostanti: Monte Frullo, che domina il Fosso della Fonte e Monte Cuccolo,  a destra di Ca’ Buiolo; di fronte si vede Rio Petroso, luogo per cui si dovrà passare. Si segue la carraia che scende al Fosso delle Petrose, dal quale si risale al piccolo Paese dove si trovano i poveri resti della chiesa dedicata a S. Biagio e della grande casa “Le Petrose” (m. 618 ore 3.00). Si attraversa il suggestivo borgo e, giunti alla Maestà della Beata Vergine Addolorata (m. 619 ore 3.10), si abbandona la carraia per deviare decisamente a sinistra su evidente stradello, non segnato. Dopo un primo tratto di stradello, erboso e pianeggiante, il percorso diventa disastrato e finisce su declivio arenaceo, dove, inevitabilmente, questo diviene di difficile individuazione. Si consiglia di proseguire in discesa fino a quando non si ritrova la traccia che porta in un prato. Se ne percorrono alcune decina di metri, poi, facendo molta attenzione, si trova un debole segno rosso su di un albero. Si va a destra e si scende al Fosso delle Petrose. Lo si guada e, risalendo dalla parte opposta, si va a destra. Poco dopo si giunge ai resti del Mulino delle Petrose (m. 480 ore 3.35). Si risale alla sinistra idrografica del Fosso e, con una costante salita, si attraversa il Fosso di Vaiuccio e si giunge a Ca’ Vaiuccio (m. 587 ore 4.10). Si prosegue, imboccando il sentiero pianeggiante che va a destra e che in breve porta su di un costone panoramico. Si prosegue in salita ed in breve si giunge al sentiero CAI 203, percorso all’andata (m. 681 ore 4.30). Si va a destra e si scende a Ca’ di Veroli (m. 463 ore 5.00).

Km. 10,5
Tempo ore 5,00 + le soste 
Dislivello m. 621 circa                                                                                                            anna