lunedì 20 dicembre 2010

PRESEPIO A ROVERSANO DI CESENA

Domenica 19 dicembre 2010 inaugurazione del Presepio
Roversano è una frazione del comune di Cesena. Comune autonomo fino al 1926. Sorge 7 km a sud della città su di un ripido colle a 179 m. sul livello del mare, alla destra idrografica del fiume Savio.
Castrum Roversani, di origine medioevale, del quale si conservano parti della cinta muraria, fu posseduto originariamente da Ugo de Panico. Fra il 1144 e il 1160 venne ceduto alla chiesa ravennate. Passò poi a Federico Barbarossa, ad Ottone IV, a Gregorio IX e nel 1275 al Comune di Cesena. Dopo avere subito varie conquiste, il 22 marzo del 1661 Roversano fu distrutto quasi completamente da un violento terremoto.... per saperne di più clicca qui.
Per raggiungere il luogo: dal "Ponte Vecchio" di Cesena prendere la Via Roversano, alla destra idrografica del fiume Savio. Fatti circa sei chilometri si arriva alla frazione Trebbo, si prosegue diritto per circa un chilometro ed ecco giunti a Roversano.
Ora, a Roversano, vivono circa cinquanta persone e da alcuni anni, un piccolo gruppo di esse, volonterose e sensibili,  si dedicano alla messa in opera del fantastico Presepio, di cui vi mostriamo alcune scene.
Il medioevale arco dell'entrata a Roversano
Le statue sono tutte a grandezza d'uomo
vista sul Presepio e sulla sottostante valle di Cesena
scene di vita quotidiana sotto le volte che sostengono la rampa dell'entrata al  "Castrum Roversani"
personaggi intenti ai vari mestieri
notaio e fruttivendola
attingimento della preziosa acqua
 il fornaio e le lavandaie
pellegrini che si recano alla grotta
i tre Re Magi
la Grotta col Bambino
(Queste sono solo alcune statue e alcune scene, ce ne sono molte altre)
Aldo, uno dei volontari, intento a distribuire vin brulé 
pasticcini e té offerti dai residenti
Romano, altro volontario, intervistato dalla giornalista di Video Regione
Il Parroco conversa con Aldo dopo la benedizione del Presepio

Il Presepio è sempre visitabile, si può camminare vicino alle statue, confondersi con loro, immergersi così nella commovente atmosfera della Santa Natività.
Visitatelo.. ne vale davvero la pena!!!

venerdì 3 dicembre 2010

La lenta rinascita di "Lozzole"



14 novembre - salita all'antico Borgo di Lozzole.
A ridosso di una quinta sullo spartiacque fra le Valli del Lamone e del Senio, svetta il Borgo di Lozzole. La grande Chiesa dedicata a S. Bartolomeo costruita nel 1782, forse su di una precedente struttura, si innalza verso il cielo dimostrando tutta la sua religiosità.
Per raggiungere il luogo: da faenza si seguono le indicazione per Brisighella. Primo centro della vallata che si raggiunge dopo 12 chilometri. Borgo tipicamente rinascimentale posto ai piedi delle colline a formazione gessoso, su cui fanno bella mostra: la torre dell'orologio, il castello dei veneziani e la chiesa di Monticino. Proseguendo si incontrano vari borghi fra cui Fognano, S. Cassiano, Popolano, per giungere poi a Marradi. Superato il paese si seguono le indicazioni, Colla di Casaglia-Firenze.
Si prosegue per alcuni chilometri; per la precisione fino a poco dopo aver superato il sottopasso del treno ed in vista del Borgo di Fantino.
Si parcheggia l'auto sulla destra, proprio all'inizio del sentiero n.529 per lozzole. (m.441)











Subito si appoggiano i piedi su di una mulattiera ancora ben conservata. L'antica mulattiera per Lozzole e Capergozzole.











La salita a Lozzole è tranquilla e costante. Dopo avere superato un rudere di una casa,











si giunge all' Az. Agricola Praticino
(m. 535 ore 00.20)
Noi, abbiamo sempre tovato chiuso.












Nelle vicinanze c'è un piccolo albero di Euonymus europaeus volgarmente chiamato Berretta da prete. Il legno bianco, duro e compatto di questo alberello veniva usato, un tempo, per fare i fusi per filare la lana, grezza, per trasformarla in filo. Da questo uso del legno deriva, probabilmente il nome comune di "fusaggine" con cui a volte è indicata questa pianta. Per gran parte dell'annola berretta da prete è un arbusto poco appariscente, ma, in autunno dichiara la propria identità con uno sfoggio di foglie rosso-scuro o rosso-rosa e di frutti a quattro lobi, che, a maturità, si aprono mostrando i semi di un colore arancione vivo, del tutto inconsueto. A motivo di questo sfoggio autunnale, questa pianta viene coltivata nei giardini e nei parchi come ornamentale, e da essa sono state tratte alcune varietà molto attraenti. Cresce particolarment bene su terreni basici. L'albero emana un odore sgradevole se ammacato e i frutti sono emetici. Erano usati dalle popolazioni rurali come purgante drastico; uso non privo di pericoli, data la loro velenosità. Nell'antichità, le foglie e i semi, ridotti in polvere, venivano spruzzati sulla pelle di bambini e degli animali per scacciare i bidocchi (Readers Digest - alberi e arbusti).
Si incontra una nuova casa senza nome sulla carta. Alcune mura sono ancora in piedi grazie al sostegno delle vitalbe (m. 578 - ore 00.32)










Nonostante il cielo sia coperto, gli alberi, timidamente, donano i loro colori autunnali.

L'incontro con queste piccole maestà
commuove e dona serenità.
Sebbene in luoghi così sperduti un fiore non manca mai.





Ancora oggi si possono vedere, lungo le "mulattiere", antiche vie di collegamento fra valle e valle, preziose sorgenti dove l'uomo attingeva acqua sia per sè stesso sia per abbeverare il bestiame.Questa sorgente con due fontanelle che ora vediamo invasa da edera e da altre erbe infestanti, un tempo sicuramente era tenuta curata e ben pulita e vi sgorgava acqua limpida e fresca. (m. 616 - ore 11.00)




Salendo, il bosco si dirada ed alcune finestre lasciano intravedere il crinale spartiaque fra, il Senio e il Lamone, luogo in cui  siamo diretti e dove troveremo l'antico Borgo di Lozzole.
Poco più avanti troviamo la settecentesca casa denominata "Stabbia". Il cardinale Federico Cattani nacque a Marradi nel 1865 e morì nel 1943. La sua casa di famiglia era la Villa di Stabbia, che è fra Fantino e Lozzole. La sua residenza cardinalizia era a Roma, ma ogni tanto tornava a Stabbia e di certo qualche volta sarà salito alla chiesetta di Lozzole, che è nel crinale lì vicino. Qui c’era un Gesù Bambino, di gesso e stoffa, che probabilmente è abbastanza vecchio (m. 648 - ore 11,21). Per l'articolo completo cliccare qui

Questo stemma  si trova sulla facciata di Villa Stabbia, forse appartiene alla famiglia Cattani.
(Ci stiamo informando)

      Particolare del portale




Stabbia aveva, come la maggioranza delle case padronali dell'epoca, la sua cappella privata. Ancora per poco, questa bella cappella, la vedremo ancora in piedi; il tetto è crollato e la nicchia dove all'oggiava la Madonnina è per terra,
Tutto questo provoca molto tristezza.
Anche le successive case che si incontrano non sono messe in condizioni migliori. Dopo circa cento metri, sulla destra c'è un'altra grande casa "Finto Morto" con un grande cortile  ed un grosso blocco di arenaria come architrave sulla porta principale. Quanta fatica avranno fatto per sistemare questo grosso masso?


Si prosegue sempre in leggera salita e, poco dopo, si intravede l'antico Borgo di Lozzole.









Ma, le case non sono finite. Su di un bel pianoro a pochi passi dal Borgo di Lozzole, c'è un'ultima casa, anche questa senza nome sulla carta.
Volgendo lo sguardo verso il Borgo, vediamo stupendi cavalli al pascolo.











Il campanile a vela della chiesa di Lozzole.

IL Borgo, almeno giungendovi da questa parte, non ha proprio l'aspetto del Borgo medioevale, bensì di un luogo deserto che sta andando in rovina. Così non è giungendovi dalla parte opposta, dove subito appare  la grande chiesa restaurata.
(m. 793 - ore 12.04).



Come dicevo, questo è quello che si vede appena si giunge.                   Questo,un tempo era il bagno.




I resti di un bell'arco che si affaccia sulla valle del Senio.








Il Borgo visto dall'alto.








 
La Chiesa dedicata a S. Bartolomeo.
Il soffitto dopo il restauro.

Alcuni particolari allinterno della
chiesa










La piccola fatica, per giungere in questo luogo, viene ampiamente premiata, non solo dal panorama che di quì si può ammirare sulle due valli, ma anche e soprattutto, nel constatare la lenta rinascita del Borgo. Per ora è stata restaurata solo la chiesa ma c'è la volontà di recuperare anche parte del Borgo.

Tempo di percorrenza: ore 3.50 circa
Dislivello: m. 352
Difficoltà: nessuna

domenica 31 ottobre 2010

Da Misileo sul Senio a Monte Pozzo e ritorno

Alla ricerca dei colori autunnali
Cammino... immersa in una tavolozza di colori che solo l'autunno è capace di donare. Il silenzio è assoluto....mi fermo...ascolto... una foglia si stacca, ondeggia quasi a voler ritardare l'inevitabile caduta, allora il ricordo mi vien spontaneo: 
Foglia che lieve a la brezza cadesti
sotto i miei piedi, con mite richiamo
forse ti lagni perch'io ti calpesti.
mentr'eri viva sul verde tuo ramo,
passai sovente, e di te non pensai;
morta ti penso e mi sento che t'amo. ("A una foglia", di Nicolò Tommaseo)

Il richiamo irresistibile dei colori autunnali ci ha portati nella Valle del Senio dove natura e storia si fondono.
Per raggiugere il luogo: da Castel Bolognese si prende la SS 306 Casolana-Riolese, si oltrepassano Riolo, Casola Valsenio, Mercatale e, superato il confine fra Romagna e Toscana, subito si trova la piccola frazione di Misileo (m. 315).
Si parcheggia l'auto vicino alla Pieve di Misileo.
Per la storia della chiesa clicca qui: 





Con alle spalle la Pieve si prende la stretta stradina, nonchè sentiero n. 625.











Si oltrepassa il cimitero e si giunge Ca' Castagno. Qui la strada termina. Il sentiero prosegue  per Monte Castellaccio, Monte Puntale e Molino di Rivacciola. 









Si oltrepassa la casa e si prosegue a sinistra su stradello che si inoltra nel bosco. Poco dopo si svolta decisamente a destra su ripida traccia che, in breve, porta ad un ulteriore stradello.









Pochi metri dello stesso e si svolta a sinistra (freccia i "monti") ( m. 465 ore - 0.20). Si prosegue sempre in ripida salita fino a Monte del Pozzo. Seminascosto dagli alberi, sulla destra, c'è un appostamento, fisso, per la caccia.








Ora la traccia si distende e porta ad una larga carraia (m. 735 - ore 1.10). Si va a destra seguendo sempre la carraia principale.







I colori autunnali risplendono anche se il sole si fa desiderare
Poco più avanti troviamo una grande casa, senza nome sulla carta. 

Nel suo cortile un biancospino secolare mostra con orgoglio le sue rosse bacche






Anche questa solitaria e rigogliosa quercia ha indossato la sua radiosa veste autunnale.









Il fumo che esce dal camino di questa casa arricchisce la magica vista.

Si supera Monte Querceto e Monte del Pozzo. Poi, in leggera discesa si arriva ad una sbarra; la si oltrepassa e, poco dopo, si giunge al grande prato dove sono poste grosse e rotonde balle di fieno (m. 770 - ore 1.35).








Per il ritorno si ripercorre lo stesso sentiero, ma si consiglia una buona sosta per ammirare i secolari alberi di castagno che si vedono sulla sinistra. 
Se possiamo godere della loro vista  e mangiarne i loro saporiti frutti lo dobbiamo soprattutto a Matilde di Canossa. Le prime notizie della coltivazione del castagno risalgono all'Alto Medioevo e il periodo di massimo sviluppo all'epoca della Contessa Matilde di Canossa (1046-1115), che indicò nel sesto matildico, la corretta distanza di impianto fra un castagno e l'altro.

 Per saperne di più  sulla storia dei marroni clicca qui  

Dislivello: m. 455
Tempo complessivo: ore 3
Difficoltà: nessuna