giovedì 10 gennaio 2013

Valle del Senatello

Da Casteldelci alle Balze di Verghereto
La valle del Senatello non si fa notare; per vederla ci devi proprio andare, ma una volta dentro ti avvolge con i suoi boschi, i suoi monti, i suoi paesini arroccati. L'allegro torrente che gli ha dato il nome tiene compagnia mentre si percorre la lunga e piana strada della valle. Grandi pareti rocciose affioranti a spina di drago che vanno in tutte le direzioni fanno stare col naso all'insù e fanno pensare che, durante la colata gravitativa, forti correnti abbiano sollevato, sospinto e schiacciato le rocce sottomarine da tutte le parti fino al punto di renderle perfettamente verticali.







Particolare e interessante è anche la vegetazione di questa valle. Boschi cedui di roverella, cerro, acero, orniello e sorbo, vengono sfruttati per il legname e per produrre carbone; nelle quote più elevate domina il faggio. Da notare l'assenza quasi totali del castagneti, sebbene i versanti freschi della marnoso-arenacea siano indicati per la loro coltivazione. Il sottobosco povero di specie arbustive, risulta particolarmente bello in primavera quando si veste di numerose specie floreali tipiche degli appennini. Anche la fauna selvatica è ben rappresentata con daini, caprioli, cinghiali, volpi, istrice, tasso ed è ormai confermata la presenza del lupo. Fra gli uccelli, oltre a quelli tipici dell'abitato forestale, si trova il picchio verde, cince e numerosi rapaci notturni. Quindi sebbene la valle del Senatello sia una valle minore, minori non saranno gli stimoli che regalerà al visitatore. Storia e natura aiuteranno a conoscere il passato per capire e vivere meglio il presente.


Ma ora vorrei parlarvi di "Uguccione della Faggiola" , 
personaggio che ha stimolato l'idea di questa escursione. Nato nel Castello della Faggiola Nuova a Casteldelci nel 1250, di origine nobili (lo dimostra lo stemma dei signori della Faggiola con tre bande d'oro in campo rosso), di qui partì per difendere gli ideali Ghibellini, lasciando credere che con la forza e il suo valore avrebbe unito l'Italia. Ne fu convinto assertore dante che a lui dedicò, un canto dell'inferno. Uguccione discese il Marecchia fino a Rimini, il Savio fino a Cesena; da S. Sepolcro a Città di Castello, combatté alacremente, così ad Arezzo, Lucca, Pisa, di cui divenne signore incontrastato. Dopo ogni battaglia dicono tornasse al suo castello sui monti di Casteldelci per rigenerare il corpo e lo spirito. Fu qui, sul Monte della Faggiola dove oggi si trovano pochi resti di mura, che Dante soggiornò per un anno dal maggio del 1304. Qui il divino poeta accrebbe la sua fiducia per il nobile e coraggioso assertore di un unico grande stato laico contro la teocrazia pontificia. In realtà anche Uguccione non seppe rinunciare al perverso piacere di essere tiranno, né all'insaziabile bisogno di conquista. Dopo essere stato vicario a Genova per conto di Enrico VII e dopo la sua morte, "podestà e capitano del popolo di guerra" della città di Pisa, non seppe trattenere la furia, dettata dal timore di perdere il potere. Così, proprio quando tra Guelfi e Ghibellini l'odio prese a placarsi, la sua crudeltà si inasprì. Dichiarò guerra ai Guelfi che capitolarono a Montecatini ma, dopo un anno, la sua politica, protesa solo a perseguire gli oppositori, lo portò alla fuga. Riparò a Verona presso Cangrande della Scala, dove ebbe il comando della guerra contro brescia e Padova e l'ufficio di podestà a Vicenza. Morì durante la battaglia, sotto le mura di Treviso, nel 1319. (dal libro "I sentieri magici della Valmarecchia").
Come arrivare: 
da Rimini Sud, seguire la direzione Repubblica San Marino, continuare sulla SS 72, attraversare Cerasolo, Serravalle, Domagnano, Borgo Maggiore, Acquaviva, Pietracuta, seguire indicazioni per Casteldelci. Prima di Giungere al punto di partenza, risalendo il Marecchia, sulla sinistra si vede un lungo ponte a più arcate che attraversa il Fiume Marecchia. Esso è chiamato il ponte degli Otto Martiri, per la tragedia che vi fu consumata nel 1944, quando i tedeschi, dopo avere trucidato più di trenta persone nel paese di Fragheto, scesero verso rimini e su questo ponte uccisero altre otto persone. Rimasto chiuso per svariati anni causa danni riportati per il terremoto, dal 2008 è   di nuovo percorribile.



Si parte dal ponte romanico "ponte vecchio" che si trova nella frazione di Mercato, sul Senatello. E' un piccolo ponte ad una arcata e a schiena d'asino. Più volte ricostruito ha conservato comunque le sue forme medioevali. Esso spunta da dietro le case in perfetta armonia con il paesaggio. Posto sul Senatello proprio sotto l'edificio comunale. Per secoli non esistettero altri ponti fino a Rimini. 









Si sale poi a Casteldelci. 
La prima notizia di Castrum Ilicis, nominato Casteldelci, risale al 1125 quando Onorio II lo confermava alla Chiesa Feretrana. Nel 1315 Ludovico IV  lo infeudava ad Uguccione della Faggiola, dal quale passava al figlio Nerio, cui lo sottrassero, nel 1334, dopo un assedio durato otto mesi, i Tarlati di Arezzo. Tre anni dopo il castello tornò in possesso di Nerio passò poi nel 1359 a Raniero della Faggiola che lo tenne fino al 1433 quando Eugenio IV lo concedeva a Nicola Prefetti di Casteldelci. A costui lo tolse, nel 1438, Guidantonio di Montefeltro, che, l'anno seguente, lo donava a  Domenico Malatesti . Nel 1445 il castello era in possesso di Federico di Montefeltro che lo perdette il 25 novembre di quell'anno per opera di Sigismondo Malatesti. Il castello rimase a Sigismondo fino al 1464 quando Pio II  lo confermò a Federico di Montefeltro. Nel 1499 venne assediato, senza esito, da Vitellozzo Vitelli alla testa delle milizie fiorentine, poi, nel 1502, lo occupò brevemente Cesare Borgia, alla sua caduta, passò alla S. Sede. Nel 1517 Leone X lo infeudava al nipote Lorenzo de Medici, dal quale passava, l'anno seguente, al Comune di firenze e infine, nel 1522, ai Della Rovere.
Casteldelci si erge su uno sperone roccioso alto 618 m. costituito dalla confluenza dei torrenti Sambucheto e Lamaccio nel Senatello. Del castello rimane la torre campanaria (sec.XII), parte delle mura e alcuni piccoli suggestivi angoli. Ora Casteldelci non è più un paesino sperduto nel Montefeltro. Punto di incontro fra tre regioni: Marche, Toscana e Romagna, per merito della buona amministrazione comunale e dei responsabili dell'ufficio della Pro-Loco, sempre molto disponibili e attenti alle esigenze dei visitatori, sta riacquistando notorietà. All’interno di un’antica abitazione posta nel centro storico di Casteldelci, si trova un Museo che ospita una ricca raccolta di oggetti-reperti di vario genere che vanno dal periodo preistorico al basso Medioevo.

Con alle spalle 
il paese di Casteldelci ci si incammina, su antica mulattiera che si inoltra ripida dentro un bel boschetto che porta sul cucuzzolo della Faggiola Nuova, dove un tempo esisteva un castello. Non ci sono notizie certe della costruzione di questo castello, l'autorevole testo "Rocche e Castelli di Romagna" indica il 1285. Ma nuove ricerche lo vogliono costruito attorno al 1316, quando i Faggiolani erano al culmine della loro ascesa. Ora sono visibili solo poche pietre, anche se alcuni testi affermano che ci siano ancora tratti di antiche mura. Si prosegue su crinale delimitato da roverelle e ginepri fino alla piccola Chiesina di Madonna del Piano, situata ai piedi del monte sul quale era innalzato il castello della Faggiola Vecchia e dove ogni anno, nella seconda domenica di luglio si svolge una solenne festa religiosa (un tempo propiziatoria per la mietitura), con processioni ed altre particolari liturgie sacre. All'interno è conservato un affresco della Vergine con Bambino con un uccellino in mano che un pittore bolognese, chiamato a restaurare nel 1912, giudicò "opera di squisita fattura della scuola di Giotto". Non a caso i Faggiolani furono all'apice della loro ricchezza e potenza nello stesso periodo in cui fioriva la scuola giottesca che, evidentemente, apprezzavano). Visita davvero emozionante! 
Ora il sentiero sale sulla faggiola Vecchia. Dell'antico castello non rimane assolutamente nulla ma, se il tempo è clemente, la vista viene appagata dalle molteplici cime dei nostri appennini.


Le sorprese non sono finite ; dopo circa 15 minuti di cammino si trova un autentico "cippo di confine" che dopo più di duecento anni è ancora là a testimonianza degli antichi confini.
La salita al Monte Aquilone avviene all'interno di una splendida faggeta, poi, di seguito si scende alle Balze di Verghereto.
Percorso: solo in parte su sentiero segnato.
Dislivello: in salita m. 816 - in discesa m. 274
Tempo: ore 5 + le soste.

2 commenti:

  1. Bella escursione in un angolo nascosto del nostro appennino, con una descrizione storica molto efficace. Complimenti.

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